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Contrada di San Sebastiano
Contrada di San Sebastiano
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Turismo
Descrizione
Da Piazza Pietra Lata, attraverso una stretta viuzza, si entra a Piazza Belvedere, detta anche piazza del Poggio, al centro della quale si trovava la chiesa di San Sebastiano (ora trasformata in abitazione) che da il nome alla contrada. La chiesa è attestata dal 1293, ma di essa non si hanno particolari notizie. La piazza invece è ricca di storia, da quando nel 1235 vi si erano insediate, nel monastero costruito a proprie spese, le monache di San Giorgio. L'area da loro occupata era compresa nei caseggiati che si affacciano sulla piccola ex chiesa. Per proteggere la vita religiosa delle monache di clausura dalla presenza di troppi occhi indiscreti, papa Gregorio IX, nel 1240, aveva ordinato che in quei paraggi non si edificasse fonte alcuna. Nel 1518 il monastero, rimasto privo di monache, tu chiuso da papa Leone X e le rendite dei loro beni, tra i quali era il castello di San Liberato, furono assegnate ai frati conventuali di San Francesco. Il caseggiato del Poggio, ormai disabitato, tu lottizzato e venduto a cittadini privati. Caddero di conseguenza tutte le restrizioni riguardanti i dintorni del monastero, messe in vigore per non turbare, come abbiamo detto, la vita delle monache. Su richiesta dei cittadini la porta che chiudeva l'accesso alla piazza tu aperta, e con un muraglione di cinta innalzato sull'orto pensile sopra la rupe, tu costruita la strada che la collega con Pietra Lata.
L'orto pensile sopra la rupe, di cui e rimasta traccia nel piccolo giardino di fianco alla strada che porta al Poggio, si estendeva allora assai ampiamente, intorno alla chiesa di San Sebastiano, su tutta l'area sovrastante l’Ospedale dei Raccomandati, dal Poggio fino al Ponticello, interrotta solo dal grande caseggiato che costituiva la sede e la sala delle riunioni della Confraternita dei Raccomandati. Su questa zona, dietro la chiesa, dal 1628 al 1641, furono costruite la chiesa e il monastero intitolati ambedue a Santa Maria di Loreto, che rimase in vita fino al periodo napoleonico. Nei locali ampi e spaziosi del monastero, lasciato vuoto dalle monache, il vescovo De Dominicis trasferì immediatamente l'ospedale.
Di fronte al monastero di San Giorgio, a fianco della chiesa di San Sebastiano, fin dal 1400 vi era la casa, con portico e colonne, di messer Evangelista di Pietro Iaco Franceschini, che proveniva da una nobile famiglia di Bassano. Agli ortani essa è stata tramandata come "Casa di Giuda". Il nome ha una sua ragione, non perché l'edificio avesse un qualsiasi collegamento con Giuda Iscariota, ma perché Evangelista di Pietro Iaco era stato il traditore della comunità ortana al tempo del Verrocchio. Dalle grotte della rupe, sottostante alla sua casa, faceva entrare in Città i fuoriusciti che poi, dopo improvvisi e rapidi colpi di mano, si dileguavano per la stessa via come ombre. Ma il giuoco non durò a lungo. Nel 1405, Evangelista, bollato col nome di Giuda, tu espulso insieme con altri dalla Città ed ebbe il trattamento che gli statuti riservavano ai traditori. La sua casa, che il Leoncini ci tramanda col nome di "Casa delle Colonne", ma diventata ormai per decreto popolare "Casa di Giuda", apparteneva, nella seconda metà del '500, al notaro ser Domenico Caporossi.
Nei secoli successivi anche questo gioiello di architettura ortana subì l’insulto dei tempi: l'edificio fu ricoperto sulla facciata di spessi strati di calce; il portico con le colonne di provenienza romana, venne annullato per farne stanze di ingresso; a ricordare l'antico splendore non erano rimasti che gli archetti leggiadri nella parete di destra, che sotto soffocanti incrostature lasciavano sospettare una bellezza severa ed elegante. Accanto gli fu costruito il palazzo che invano voleva imitare lo stile, ormai del tutto deturpato.
A ricordare le antiche vicende, gli era rimasto solo il nome oltraggioso: la Casa di Giuda. Oggi possiamo ammirarla nelle forme originarie, restaurata dal proprietario Francesco Moretti.
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