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Contrada di San Giovenale
Contrada di San Giovenale
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Turismo
Descrizione
La contrada San Giovenale comprende i caseggiati sulla destra della strada che, dallo sbocco di via del Plebiscito, scende a Porta di Santo Cesareo, volge a via Piè di Marmo, risale per la strada principale verso la piazza e si congiunge di nuovo con via del Plebiscito, sboccando per via Gioberti dinanzi al palazzo Deci. Della contrada San Giovenale ricordiamo anzitutto il palazzo Deci, monumento storico caro agli ortani perché abitazione del poeta Antonio Deci, amico del Tasso e autore della tragedia "Acripanda", che nella storia della letteratura italiana segnò il punto di arrivo dello sviluppo della tragedia "dell'orribile". Morì assai giovane, il 29 agosto 1597 a 28 anni, dopo aver svolto incarichi amministrativi e politici, dapprima a Matelica poi a Ripatransone, a Fabriano e infine a Palestrina, come soprintendente del principe Francesco Colonna.
Del palazzo particolarmente pregevole è l'appartamento di rappresentanza, dove la Comunità faceva alloggiare come ospite del Deci le personalità di maggior rilievo in visita alla Città. Notevole è soprattutto il salone, affrescato con la rappresentazione delle quattro stagioni, e la stanza da pranzo, con una serie di riquadri che esaltano la capacità dell'uomo di dominare tutte le circostanze, gli animali e le cose ma e travolto dalla donna, quando cerca di sottometterla a se. Seguendo la via Garibaldi si scende a Porta di Santo Cesareo che prendeva il nome da una chiesa dedicata al martire Cesareo a Roma molto venerato.
Al tempo del Leoncini la chiesa era del tutto scomparsa e non ne era rimasta alcuna vestigia, ma egli ne trovava menzione in un atto notarile del 1337. Dalla porta, la cui costruzione iniziò nel 1449, nel quadro delle opere di fortificazione della Città, dopo che era stata distrutta la Rocca, si usciva per andare sia verso la parte del Borgo (all'ortana Morgo) di San Giorgio, sia verso il Borgo di San Giacomo e l'antico ponte sul Tevere, passando attraverso un'altra porta più piccola che il Leoncini chiama la prima porta, sormontata allora dagli stemmi di Eugenio IV e Nicolò V, situata "sotto la loggia dell'orto di San Francesco".
Di questa porta è stata ritrovata una sbiadita fotografia eseguita prima che venisse abbattuta, ma ce ne ha tramandato un ritratto fedele Filoteo Alberini, pioniere del cinema e pittore dilettante. La Porta di Santo Cesareo era stata costruita nel suo complesso da mastro Bartolomeo di Bernardino per 8 ducati d'oro, "a sue spese". Nel 1493 vi fu costruita per 5 ducati da un certo Antonio detto "l'Uomo" la loggia cioè il balcone che si affaccia sulla piana di Petignano.
La zona di destra, sulla via Piè di Marmo ora del tutto smantellata, era occupata dall'antico monastero di Sant'Antonio Abate, dove alloggiavano le monache Benedettine, trasferite si poi nel 1922 dapprima in via Gramsci e nel 1960 sul colle di Santa Maria delle Grazie. I resti della chiesa di Sant'Antonio Abate si trovano dove un tempo era la chiesa di San Giovenale da cui prendeva nome la contrada.
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